02 Mag Affrontare l’epilessia: il ruolo cruciale del supporto psicologico
Affrontare l’epilessia:
il ruolo cruciale del supporto psicologico
L’epilessia non è solo una condizione medica, ma può avere un profondo impatto psicologico sia sulle persone che ne soffrono, sia sui loro caregiver. Affrontare le crisi epilettiche, l’incertezza e le limitazioni imposte dalla malattia può rappresentare una sfida emotiva significativa. In questa intervista, la dottoressa Manuela Montalto, psicologa e presidente A.Pi.C.E. – Associazione Piemontese Contro L’Epilessia, offre una prospettiva sull’importanza del supporto psicologico nel gestire l’epilessia. Attraverso esempi concreti e consigli preziosi, si esplora come il supporto psicologico possa aiutare le persone e i loro cari a superare le difficoltà, ricostruire l’equilibrio emotivo e ridimensionare le ansie legate alla malattia. Scopriremo anche le sfide uniche affrontate dai caregiver, in particolare quelli dei bambini con epilessia, e come affrontare il rischio di iperprotezione.
✍︎ Dottoressa Montalto, che impatto psicologico ha l’epilessia sulla vita di una persona?
I pazienti tipici con cui lavoro sono spesso genitori di bambini o adolescenti, e molte volte sono caregiver di adulti, che necessitano di supporto per gestire la propria percezione della malattia e per offrire il supporto adeguato. Inoltre, c’è spesso una fase iniziale di negazione da parte del paziente stesso, il che ritarda il riconoscimento e l’accettazione della diagnosi. Di conseguenza, è più frequente che siano i partner o i compagni di vita a cercare attivamente supporto psicologico.
✍︎ Come si può sostenere psicologicamente una persona con epilessia?
Inizialmente, è fondamentale comprendere l’altro per capire come offrire supporto, sia rassicurando sia confortando, per aiutarlo a percepire e comprendere le difficoltà che spesso emergono ma che vengono inizialmente negate o evitate. Questa negazione è spesso legata alla natura stessa delle crisi, che rendono l’individuo inconsapevole e incosciente, impedendo un contatto consapevole con quanto sta accadendo durante la crisi stessa.
✍︎ Ma anche chi vi assiste può avere bisogno di supporto?
Assolutamente sì. Solitamente, sono coloro che assistono alla crisi ad accorgersi dell’accaduto e a reagire, a volte in modo eccessivo secondo l’intensità dell’evento, poiché i sintomi come cadute, svenimenti o perdita di coscienza possono evocare il timore della morte. Chi assiste per la prima volta a una crisi può essere colto da una profonda ansia, non sapendo che la persona, dopo la crisi, tornerà ad essere quello di prima, anche se il recupero potrebbe richiedere tempo. Nei bambini, ad esempio, potrebbero verificarsi ore di sonnolenza o stanchezza, una mezza giornata di confusione o ridotta recettività. L’epilessia non è un’unica malattia, ma include molteplici forme e varia non solo in base alla localizzazione cerebrale, ma anche al tipo di crisi, che può variare da semplici assenze, durante le quali la persona sembra sveglio ma è in realtà inconsapevole, a gravi cadute. C’è quindi uno spettro estremamente ampio di situazioni. Di conseguenza, l’ansia si sviluppa soprattutto nei primi episodi, e la difficoltà di adattarsi a situazioni sociali dove si sentono impediti è significativa.
Consideriamo, ad esempio, i bambini e lo sport. In molte circostanze, viene negata loro la possibilità di partecipare a certe attività sportive perché considerate troppo pericolose, o perché la struttura non è attrezzata per gestire un possibile evento, o ancora a causa di un divieto categorico. Chi esprime il disagio in questi casi? Spesso è il caregiver, ma anche la persona con epilessia può farlo. Dipende molto dalla situazione; tuttavia, sembra che i caregiver siano più propensi a cercare aiuto.
✍︎ Quali sono i principali motivi per cui le persone con epilessia cercano aiuto psicologico?
Gli adulti chiedono spesso supporto soprattutto per problemi legati al contesto lavorativo: difficoltà a parlare della propria condizione, paura di perdere il lavoro se la patologia viene rivelata, o difficoltà a trovare un nuovo impiego dopo aver perso il lavoro a causa della loro condizione. Relativamente alle relazioni personali, anche queste possono presentare sfide, ma generalmente queste emergono in una fase successiva del trattamento, non sono immediate. Spesso, la difficoltà principale che si presenta subito è più personale, centrata sulla capacità di agire e sull’autonomia della persona.
✍︎ Quanto ritiene importante il supporto psicologico costante per una persona con epilessia?
Credo che un percorso di psicoterapia possa guidare la persona durante la riorganizzazione della propria individualità di fronte a un evento inatteso e spesso traumatico, evitando così la rottura del proprio equilibrio psichico. È fondamentale non affrontare questi momenti da soli.
Esistono strutture che offrono assistenza psicologica gratuita, oppure attraverso i servizi territoriali delle ASL, che possono offrire un primo aiuto immediato. È assolutamente importante non gestire da soli questi aspetti, soprattutto in un contesto che potrebbe offrire risorse gratuite di supporto.
✍︎ Non tutte le strutture sanitarie sono attrezzate però per il supporto psicologico delle persone con epilessia?
Quando si chiede aiuto, non si dovrebbe esitare, anche se non è sempre chiaro se ci siano canali preferenziali o se ci si debba affidare alle strutture generali. Ogni ASL potrebbe avere settori specializzati per gestire specifiche condizioni, come l’epilessia, che può causare disturbi psichici. Oltre alle problematiche personali quotidiane, ci sono malattie che possono portare a problemi psicologici. È vantaggioso avere a che fare con un professionista esperto in tali condizioni. Non tutti gli psicologi sono formati per gestire queste specificità; alcuni si specializzano in relazioni familiari o altre aree; quindi, non è scontato trovare uno specializzato in epilessia.
✍︎ Quali sono i principali consigli che fornisce a una persona con epilessia che cerca supporto psicologico?
Sono raccomandazioni molto personalizzate perché dipendono dalle esperienze individuali del paziente o del caregiver, e ogni trattamento varia profondamente a seconda delle circostanze personali. È essenziale instaurare un contatto empatico profondo con le persone con epilessia, considerando le reali necessità del caregiver di ridimensionare le proprie ansie e la necessità del paziente di ricostruire il proprio equilibrio emotivo e le dinamiche relazionali in un nuovo contesto. Infine, è importante comunicare che non si è soli: esistono strumenti e professionisti pronti ad aiutare, per non cedere alla rassegnazione. È possibile costruire un percorso di superamento delle difficoltà, nonostante le sfide poste dall’epilessia.
✍︎ Può fare un esempio di come il supporto psicologico abbia aiutato le persone con epilessia o i caregiver?
In particolare, ho in mente donne estremamente coraggiose, portatrici di epilessia, che affrontano la vita con una determinazione notevole, spesso dimostrandosi più resilienti degli uomini, che tendono a scoraggiarsi più facilmente. Queste donne, molte delle quali sono madri, non permettono che la patologia definisca i loro limiti o le loro possibilità di successo nel mondo, ottenendo ciò che desiderano dalla vita.
Ho diversi esempi di donne che hanno visto la loro quotidianità interrotta, incapaci perfino di fare il giro dell’isolato senza scatenare una crisi, ma che hanno preso in mano la loro vita con audacia e tenacia. Hanno costruito carriere lavorative ambiziose e ottenuto successi professionali, mantenendo una vita piena e attiva. Dall’altro lato, ci sono storie di madri con bambini piccoli, di 3, 4 o 5 anni, che rimangono inizialmente sotto shock per un lungo periodo prima di poter riconoscere e riportare il proprio bambino a una normalità. Queste madri ricostruiscono la vita quotidiana attraverso piccoli gesti, poiché ogni percezione fisica può riattivare l’angoscia di una possibile crisi. Vivono quindi con un estremo controllo, spesso sfociando in un’iperprotezione che può isolare il bambino, impedendogli di crescere e diventare autonomo in un contesto sociale naturale. La sfida è bilanciare la protezione con la necessità di permettere al bambino di affrontare la vita e le sue sfide.
✍︎ Che consigli può dare ai genitori di bambini con epilessia che rischiano di essere iperprotettivi?
Effettivamente, impedire a un bambino di agire e sbagliare limita la sua crescita, autonomia e competenza, perché un bambino che non può fare esperienze è un bambino che fatica a crescere. È cruciale ristabilire una certa naturalezza nei gesti e non vivere tutto con costante angoscia.
La psicologia sta gradualmente trovando sempre più spazio nel trattamento di una malattia, che non può essere solo clinico, ma necessità anche di un sopporto psicologico. Gli effetti di una malattia non sono solo sul corpo, ma anche sulla mente. Curare il primo e dimenticarsi della seconda non aiuta davvero la persona a convivere con la sua condizione, quando questa è cronica, come l’epilessia.