16 Gen Scavalcare la barricata
Andrea ha scelto di “scavalcare la barricata”
Ciao, mi chiamo Andrea. La mia prima crisi l’ho avuta quando avevo 13 anni, nel lontano 1983. Quel 2 settembre l’ho cancellato dalla mia memoria, non è mai esistito. Ricordo solo che stavo facendo colazione, il mio panino con la Nutella e il mio caffelatte. All’improvviso il buio, solo un piccolo flash quando ero in ambulanza ma non capivo perché ero li, poi sono svenuto. Mi sono ritrovato in ospedale circondato da medici e infermieri, ma cosa mi era successo? non lo sapevo. Dissero a mia madre che avevo avuto una crisi epilettica. Vabbè, può capitare a tutti ma poi gli accertamenti non lasciarono spazio a dubbi: epilessia criptogenica. Pensai si, tra un po’ guarisco e invece era solo l’inizio di una battaglia. Mi diedero un primo farmaco ma le crisi continuavano e puntualmente solo al mattino. Ero un ragazzino e tutte le mattine avevo una paura folle a svegliarmi. Purtroppo molto spesso la paura si trasformava in una drammatica realtà con violente crisi generalizzate. I medici mi diedero allora un altro farmaco, poi un altro e un altro ancora ma nulla anzi, le crisi continuavano e si facevano sempre più frequenti. Intanto il tempo passava e quando giunsi alle scuole superiori la vergogna mi assalì. Preferivo rimanere da solo, avevo paura di cosa i miei amici, i miei compagni di classe e la gente potesse pensare di me, un “diverso”, a causa della mia condizione. Poi ebbi una crisi a scuola e quando mi ripresi, confortato dai miei professori, mi sedetti contro il muro e cominciai a piangere come un bambino. Chissà adesso cosa penseranno i miei compagni… le crisi, molto frequenti, continuavano e io ero sempre più sfiduciato e disperato. Pure i medici non sapevano più che pesci pigliare. Allora c’erano solo 6 farmaci e io ne avevo già falliti 5. Praticamente, per i tempi, ero di fatto farmacoresistente. Inutile parlare di qualità della vita per uno che aveva una media di 60 crisi all’anno. La parola “qualità” nel mio vocabolario non esisteva proprio. Ho avuto però una famiglia che mi ha sempre sostenuto anzi, ha fatto di tutto per farmi entrare in testa che ero un ragazzo e una persona come tutte le altre. Non ci credevo affatto, non ero “uguale” agli altri ma uno che doveva tenersi la bocca chiusa. Avevo ormai 20 anni, era rimasto l’ultimo tentativo terapeutico e con questo, insieme alla mia specialista che non dimenticherò mai, ero deciso a giocarmi il tutto per tutto tenendo conto dei rischi che potevo correre perché avevamo capito che ne serviva una quantità folle. Erano passati 7 anni dalla diagnosi. Lentamente gli episodi cominciarono a diradarsi e poi dopo un po’ di tempo scomparvero. Mi sembrava di volare anche se però avevo preso coscienza che la battaglia non era ancora finita. Quelle che si chiamano recidive c’erano ma ormai erano molto rare. Più passava il tempo e più mi convincevo che ce l’avevo fatta, anche dal punto di vista psicologico e da tempo non mi nascondevo più. La terapia funzionava e mi aveva messo al riparo dalle crisi a quasi 20 anni dalla diagnosi. Oggi, a 53 anni, sono volontario in un’associazione regionale contro l’epilessia e mi occupo di 15 ragazzi farmacoresistenti. Ho scelto di “scavalcare la barricata”. È bello stare con loro e rivedo un po’ quel ragazzino che ero di tanti anni fa ma con una grande differenza. Loro sorridono, sempre.
Ciao, Andrea.